Scrivo queste righe nei primi giorni della guerra in
      Iraq. Mi rifiuto di concedere qualsiasi attenzione a
      quella che potremmo chiamare la logistica di questa
      guerra. Attraverso i canali televisivi, oggi, non è
      possibile l,approfondimento concesso invece dalla
      radio e dalla stampa, attraverso cui si accede agli
      avvenimenti in forma sintetica e senza il dettaglio
      imposto dall,immagine che scorre sul video. In tal
      modo, mi riesce di non espormi a quella fascinazione
      che la logistica della guerra esercita su molte
      persone. Quello che invece per me è molto importante,
      e seguo con estrema attenzione, sono le analisi dei
      retroscena che riguardano l,evento bellico e come si è
      potuti giungere a tutto questo. Questo articolo
      vorrebbe essere anche un contributo a preparare i
      tempi che verranno dopo questa guerra.
In vista degli insegnamenti che da essa si potranno
      trarre, sarebbe fin d,ora già di estremo aiuto se i
      vari commentatori distinguessero sempre con chiarezza
      tra la descrizione dello svolgimento degli eventi e la
      domanda sul suo fondamento e la sua giustificazione.
      In particolare, la prospettiva di un «successo» nella
      conduzione della guerra non è affatto un argomento per
      il suo fondamento, né tanto meno basta a
      giustificarla.
Per quanto poi possa essere importante questa
      discussione, presa a sé stante essa non è però
      sufficiente a preparare i tempi che verranno dopo la
      guerra. Oggi si deve anche analizzare un fenomeno che
      è possibile osservare solo a partire dal 1989, perché
      fino a tale data la guerra fredda ne aveva
      praticamente reso impossibile una chiara visione
      all,analisi europea. Si tratta di quelle differenze
      transatlantiche che esistono da secoli, che potremmo
      dire siano presenti fin dall,inizio della migrazione
      verso il Nuovo mondo. Differenze che si sono
      continuamente consolidate e che, negli ultimi mesi e
      settimane, sono divenute percepibili con evidenza. 
      Radici secolari
Dopo le guerre di religione, con la pace di Westfalia
      nel 1648, l,Europa ha messo al bando una volta per
      tutte ogni guerra che volesse trovare la sua ragion
      d,essere in questioni religiose o morali. Dopo questa
      data, le guerre non hanno avuto più un fondamento di
      questo tipo: si è trattato piuttosto di guerre di
      conquista condotte da parte di nazioni o, in ogni
      caso, di guerre che avevano un fondamento
      nazionalista.
Inoltre, con quello stesso trattato di pace l,Europa
      ha ideato il diritto internazionale: un ordinamento a
      cui gli stati si sottomettono attraverso un atto di
      rinuncia di sovranità. Anche se talvolta solo per
      brevi periodi, il fenomeno della sottomissione a un
      diritto internazionale è stato pur sempre conosciuto.
In seguito, con l,Illuminismo, si è avuta la
      separazione fra diritto e morale; una separazione che,
      in Europa, s,impose presto. Il diritto anche quello
      internazionale è moralmente neutro. Esso può ben
      servire per applicare moralmente delle norme, e le
      ragioni che spingono all,emanazione di queste norme
      possono essere anche di natura morale (ad esempio, il
      desiderio di porre dei limiti in futuro alla guerra e
      alle sofferenze degli uomini). Ma quando la norma del
      diritto, o un accordo di diritto internazionale, sono
      entrati in vigore essi valgono per tutti allo stesso
      modo: per gli uomini «buoni» come per quelli
      «cattivi»; oppure, e più che mai, per gli stati
      «buoni» e per quelli «cattivi» qualunque significato
      si possa dare in tale quadro ai termini «buono» e
      «cattivo».
Questi tre passaggi cui si è fatto cenno,
      realizzatisi nel XVII secolo, hanno impregnato
      profondamente l,Europa fino a oggi, e trovano la loro
      base nell,inquadramento vincolante della religione
      all,interno di un ordinamento statale.
Gli Stati Uniti sono nati come antitesi rispetto a
      questo profilo di ordinamento. I primi padri
      pellegrini puritani, che in Inghilterra erano in una
      situazione di opposizione rispetto all,ordinamento
      statale, vedevano l,ordinamento religiosamente fondato
      delle loro comunità come la struttura dell,ordinamento
      pubblico tout court. Essi rifiutavano qualsiasi tipo
      di intromissione da parte dello stato, e la via verso
      il Nuovo mondo ha reso possibile una realizzazione
      concreta di questa loro idea di società. Essi hanno
      inciso in maniera decisiva nella Costituzione degli
      Stati Uniti.
Fondamentalmente, lo stretto minimalismo statale
      degli Stati Uniti si basa sul fatto che, in
      contrapposizione all,Europa, la forma statuale è
      subordinata alla religione. Al di là dell,Atlantico,
      la separazione fra Chiesa e stato vuol dire che la
      religione deve essere protetta di fronte allo stato;
      mentre l,Europa, già nel 1648, aveva trovato la chiave
      del modo in cui lo stato potesse essere protetto
      rispetto alla religione.
Questa differenza si ripercuote anche sulle altre due
      conquiste dell,Europa raggiunte nel XVII secolo:
      invano ci si metterà a cercare negli Stati Uniti una
      separazione fra diritto e morale nel senso in cui
      questa è intesa a livello europeo. E un inquadramento
      vincolante di diritto internazionale, attraverso una
      rinuncia di sovranità, appare essere oggi più che mai
      per gli Stati Uniti un male il più possibile da
      evitare.
Nel periodo che ha preceduto la guerra in Iraq,
      queste differenze sono emerse con una forza che solo
      un anno fa non ci si sarebbe quasi potuti immaginare.
      Vi è una connessione diretta con i tre elementi
      rispetto ai quali l,Europa si è confrontata, e che ha
      fatto suoi nel XVII secolo: tutti e tre i lati di
      questo «triangolo di storia delle idee» trovano la
      loro illustrazione negli avvenimenti di questi giorni.
Le conquiste dell,Europa
Un lato del triangolo collega la subordinazione della
      religione all,ordinamento statale all,accettazione di
      un ordinamento di diritto internazionale. Per quanto
      riguarda l,Europa, questi due elementi si condizionano
      a vicenda. Un ordinamento internazionale a livello
      mondiale, che sta alla base anche dell,ONU, racchiude
      tutte le religioni del mondo; esso «traduce» e
      «trasla» la volontà dei diversi stati e con ciò
      delle diverse culture religiose all,interno di un
      ordinamento che prevede la rinuncia più ampia
      possibile all,uso della forza. Una volta che un simile
      ordinamento è stato accettato, allora un motivo
      religioso di per se stesso non può più rappresentare
      un fondamento per l,uso della forza. Inoltre, tra
      coloro che condividono tale ordinamento non vi è più
      necessità alcuna di muoversi in tale senso.
Se invece è la religione a essere la massima suprema,
      e non la forma statuale, allora deve necessariamente
      rimanere possibile una guerra condotta per motivi
      religiosi. L,accettazione di un inquadramento
      vincolante in un diritto internazionale, a cui
      partecipano anche stati che hanno un,altra impronta
      religiosa e addirittura degli «stati canaglia»,
      renderebbe impossibile una guerra condotta per motivi
      religiosi. È per questo motivo che gli USA non
      accettano tale inquadramento. Devono continuare a
      esserci «i buoni» e «i cattivi», e con questi ultimi
      non si entra in relazione se non guerreggiando. Il
      rifiuto di un ordinamento di diritto internazionale e
      la dominanza della religione su quello statale,
      fenomeni che si possono osservare entrambi negli USA,
      si condizionano perciò reciprocamente.
Che dopo l,implosione del blocco comunista orientale,
      che aveva rappresentato per lungo tempo il principio
      demoniaco, dovesse emergere subito una nuova
      personificazione di questo stesso principio demoniaco
      (attraverso la tesi di Huntington dello «scontro delle
      civiltà») era un dato inevitabile per questo tratto
      della storia delle idee statunitense.
Un secondo lato del triangolo congiunge la
      subordinazione della religione all,ordinamento statale
      con la separazione fra diritto e morale. Anche queste
      due conquiste europee si condizionano vicendevolmente.
      Dal punto di vista europeo, il dittatore iracheno
      avrebbe avuto la possibilità di evitare una guerra se
      si fosse sottomesso sebbene tardi e controvoglia 
      all,ordine di disarmo impartito dall,ONU; e questo
      perché egli non era considerato né «buono» né
      «cattivo» ma, semplicemente, era razionalmente visto
      come «pericoloso».
Tale pericolo doveva essere rimosso con i mezzi
      appropriati. Dal punto di vista degli Stati Uniti,
      invece, dopo che era stato classificato come
      «cattivo», al dittatore iracheno non rimaneva alcuna
      possibilità di fare marcia indietro. Questo stato
      delle cose si è reso palese nel fatto che qualsiasi
      forma di conciliazione e tentativo di retromarcia da
      parte del dittatore è stata subito qualificata da
      Washington come «troppo tardiva»; e quindi fin da
      principio veniva anche negata la praticabilità della
      risoluzione dell,ONU.
Di qui anche la sempre nuova riformulazione della
      meta di questa guerra da parte degli USA: dapprima il
      «disarmo», poi l,«eliminazione» e, da ultimo, la
      «democratizzazione». La ricerca quasi disperata di un
      fondamento per una guerra per cui, obiettivamente, non
      vi era motivo alcuno ma, soggettivamente, secondo
      l,auto-comprensione nazionale degli Stati Uniti, vi
      era una necessità, religiosamente determinata,
      assoluta. La carente separazione fra diritto e morale
      negli USA, e la dominanza in questo paese della
      religione sull,ordinamento statale, si condizionano a
      loro volta reciprocamente.
Da ultimo, il terzo lato del triangolo mette in
      relazione la separazione fra diritto e morale con
      l,accettazione di un ordinamento di diritto
      internazionale. Anche qui in Europa si dà un reciproco
      condizionamento fra questi elementi. L,accettazione
      più ampia possibile nel mondo di un ordinamento di
      diritto internazionale, che sta anche alla base
      dell,ONU, in linea di principio intende racchiudere
      tutti; essa non consente una suddivisione interna in
      amici e nemici e funziona unicamente mediante
      l,inclusività più ampia possibile. Se a questa idea si
      contrappone lo schema amico-nemico, come hanno fatto
      gli Stati Uniti con la loro «coalizione dei
      consenzienti» (coalition of the willing), allora si
      mira consapevolmente a un,esclusività e non a un
      inquadramento vincolante complessivo secondo l,ordine
      del diritto. I «buoni» divengono amici degli USA, e
      coloro che non intendono farsi annoverare fra di essi
      non sono più «buoni».
Per questa ragione vi è una connessione tra la
      carente separazione fra diritto e morale negli Stati
      Uniti e il rifiuto di un vincolo di diritto
      internazionale da parte di questo stesso paese. La
      «coalizione dei consenzienti» rappresenta un concetto
      opposto a quello di un ordinamento complessivo di
      diritto internazionale, come è stato pur sempre ideato
      nel 1648 dall,Europa, e come viene propugnato e
      sostenuto oggi dalla maggior parte dei paesi del mondo
      al di là delle stesse frontiere del continente
      europeo.
Parole familiari, significati diversi
Conseguenza di punti di partenza così diversi è il
      fatto che molte parole utilizzate in Europa e negli
      Stati Uniti, pur credendo di dire con esse la stessa
      cosa, non vengono comprese affatto allo stesso modo.
      Prendiamo qui in esame alcuni di questi concetti e
      termini cercando di coglierne le differenze di
      significato sulle due sponde dell,Atlantico.
In Europa l,identità democratica consiste
      nell,elezione dei parlamenti, a cui si ha diritto in
      qualità di popoli sovrani. Gli statunitensi vivono
      l,identità democratica a un livello molto basso in
      questo ambito; per essi tale identità consiste
      piuttosto nell,avere diritti a cui ci si rifà
      volentieri in ogni momento e che, o come persona
      singola o in rappresentanza di un interesse di
      minoranza, si possono rivendicare per vie legali
      davanti a una corte. In tal modo, diritto e giustizia
      ottengono negli Stati Uniti tutt,altra funzione che in
      Europa: ossia una funzione politica. La democrazia
      statunitense è una «lotta sui diritti», quella europea
      invece una «lotta sulle leggi». Nelle istanze
      politiche, e in particolare nei parlamenti, ci si
      confronta e scontra in Europa sulla legislazione, e
      l,ordinamento di diritto che sorge in tal modo viene
      affidato allo stato. Tutto questo non è possibile
      negli Stati Uniti già per il fatto che per essi lo
      stato al contrario della «nazione» non possiede
      una qualità etica propria. Per tale ragione in questo
      paese non si dà l,idea di affidare allo stato il
      diritto nella forma di un «ordinamento di diritto».
      Negli USA il «diritto» rimane presso i singoli.
Negli Stati Uniti il confronto per la divisione del
      potere avviene direttamente a livello orizzontale 
      nella società tra privati, e solo in misura molto
      limitata in parlamento; ciò avviene perché ai padri
      fondatori di questa nazione era del tutto estranea
      l,idea di una volontà comune ragionevole, che invece
      sta alla base della costituzione dello stato in
      Europa. Essi volevano una società il più possibile
      libera dallo stato, nella quale la distribuzione del
      potere viene pattuita tra privati o, in ogni caso, tra
      gruppi di minoranza; così da evitare la formazione di
      maggioranze che legittimamente potessero avanzare la
      pretesa di un rafforzamento dello stato. Al di là
      dell,Atlantico vi è un cenno appena di coscienza
      politico-statale; al posto di quest,ultima vi è però
      una ben più forte coscienza «nazionale». Perciò,
      secondo la visione statunitense, democratizzazione
      significa tendenzialmente sempre «de-statalizzazione».
Dal punto di vista europeo, invece, la
      democratizzazione presuppone lo stato; e questo nel
      senso di una categoria di filosofia dello stato che va
      ben al di là della questione puramente economica di
      «un di più o un di meno di stato sociale». L,Europa ha
      bisogno dello stato e del fenomeno della «forma
      statuale» per poter custodire e salvaguardare le
      conquiste raggiunte nel 1648.
Un,ulteriore differenza di significato nelle
      relazioni transatlantiche si può trovare nella
      comprensione della nazione. In certo modo, lungo
      l,arco di due secoli, in Europa la nazione si è
      insediata nel luogo della religione. Durante il
      romanticismo la «nazione» era stata ideata come un
      fenomeno puramente culturale, ossia come reazione a un
      Illuminismo sentito troppo intellettuale. Per le idee
      illuministe astratte del repubblicanesimo, la
      Rivoluzione francese necessitava di un contenitore in
      grado di istituire un,identità dopo la destituzione
      del re quale figura di identificazione statale. Per
      questo motivo in Francia il fenomeno culturale della
      nazione fu trasformato in un fenomeno politico che
      contribuì alla costituzione degli «stati nazionali». I
      paesi dell,Europa occidentale Inghilterra, Francia,
      Spagna , già da tempo formati come stati, furono
      allora come colati dentro la forma della nazione
      compresa in senso politico-statale.
In America, invece, fu fondato formalmente uno stato
      nazionale. Ma a motivo dei rapporti fin da principio
      inversi fra stato e religione, il fondamento del
      sentimento nazionale non stava nell,ambito
      politico-statale quanto, piuttosto, in quello
      religioso. Questa differenza transatlantica è
      all,opera ancora oggi, per cui le rappresentazioni
      religiose si manifestano attualmente anche, e
      soprattutto, in categorie morali. Le nazioni europee
      si fondano sul piano politico-statale. La nazione
      statunitense si fonda religiosamente e moralmente.
      Nella comprensione di questa nazione il «bene», di cui
      essa è garante, ha giocato fin dall,inizio un ruolo
      centrale fondato religiosamente.
Da ultimo si deve fare menzione ancora di una
      differenza transatlantica per quanto riguarda la
      comprensione della libertà. In quanto rifiuto di forme
      statali e di governo dittatoriali, e del
      totalitarismo, «libertà» significa al di qua e al di
      là dell,Atlantico la stessa cosa. Nella sfera della
      «forma statuale» gli europei, nel corso del loro
      sviluppo storico, hanno però accettato un vincolo e un
      legame che, a sua volta, è garante della loro libertà.
      Di questa libertà fa parte anche la «libertà
      dall,obbligo di professione di fede». La forma
      statuale, infatti, non pretende alcuna
      identificazione, nessuna fede e ancor meno una
      professione di fede nei suoi confronti: cittadini o
      persone che sono sottoposti a una forma statuale,
      senza godere in essa del diritto di cittadinanza,
      possono sicuramente avere nei suoi confronti delle
      riserve mentali, dei distinguo interiori o una
      distanza ideale. Essi tuttavia devono semplicemente
      attenersi ai diritti e doveri che la legge prevede per
      quanto concerne il rapporto tra essi e lo stato. La
      separazione fra diritto e morale li protegge da
      qualsiasi obbligo di professione di fede. Negli Stati
      Uniti invece la professione di fede, che ritorna
      sempre, è inaggirabile; si tratta di una professione
      di fede riferita alla nazione fondata religiosamente e
      moralmente come si può osservare soprattutto dopo
      l,11 settembre 2001. La differenza è da ricondurre al
      fatto che l,Europa vede e conosce lo stato come una
      dimensione terza, e che in essa lo stato va oltre i
      puri rapporti orizzontali tra gli individui. Rispetto
      a tale visione europea, negli Stati Uniti il ruolo di
      questa dimensione terza è stato invece assunto dalla
      religione.
Gli spazi di una responsabilità europea
Quello che possiamo riconoscere solo dal 1989 ha
      radici che vanno indietro nei secoli. Durante la
      guerra fredda la visuale era talmente impregnata da un
      pensiero per blocchi, che in «Occidente» a nessuno
      sarebbe potuta venire in mente l,idea di mettere in
      questione l,unitarietà di questo stesso «Occidente».
      Ora tale unità si è visibilmente e pubblicamente
      screpolata. A una visione più ravvicinata delle cose,
      un simile sviluppo appare non solo logico ma è anche
      la conseguenza di differenze vecchie di secoli. La
      biforcazione transatlantica decisiva rimane sempre la
      pace di Westfalia nell,anno 1648, che per l,Europa ha
      marcato definitivamente la secolarizzazione ossia
      l,inquadramento vincolante della religione all,interno
      dell,ordinamento statale. Sotto questo punto di vista,
      gli Stati Uniti non sono affatto un paese
      secolarizzato: non solo la religione non è stata
      inquadrata in maniera vincolante in un ordinamento
      statale ma, all,inverso, lo stato fu fin da principio
      subordinato alla religione. La stretta separazione fra
      Chiesa e stato serve a mantenere questa sequenza di
      rango. Negli Stati Uniti non sarebbe pensabile di
      limitare la libertà di religione nel modo in cui è
      prevista nella Convenzione europea per i diritti
      dell,uomo: l,articolo 9 contiene un,esplicita clausola
      secondo la quale la libertà di religione deve essere
      delimitata a favore dell,ordinamento pubblico.
L,islam non conosce una separazione fra stato e
      religione. Questa condizione di partenza può condurre
      a risultati molto diversi tra loro. Da un lato vi è il
      fondamentalismo islamico, che è stato in grado di
      fagocitare intere nazioni. D,altro lato ci sono degli
      stati, nei quali l,islam è religione di stato, che
      sono sicuramente tolleranti in materia religiosa e
      rispettano la libertà del singolo. L,islam, dunque,
      dispone certamente di un potenziale per
      l,inquadramento vincolante della religione all,interno
      di strutture integranti. Questo, però, solo qualora
      possano essere create condizioni favorevoli in vista
      di tale integrazione.
Il fondamentalismo islamico impedisce l,utilizzo di
      questo potenziale. Ma questa tendenza non è un tratto
      dell,islam stesso; il fondamentalismo piuttosto abusa
      politicamente dell,islam allo stesso modo in cui i
      crociati nel Medioevo hanno abusato politicamente del
      cristianesimo e come ancor oggi ne viene fatto
      politicamente abuso da parte di alcune sette
      protestanti fondamentaliste soprattutto nel terzo
      mondo. Così come del cristianesimo viene compiuto un
      abuso politico da parte del presidente degli Stati
      Uniti, per fondare la guerra in Iraq. Un,analisi
      corrispondente potrebbe essere fatta anche per le
      altre grandi religioni. Ad esempio, sembra che
      l,induismo si manifesti in forme sia secolarizzate sia
      non secolarizzate.
Un contributo alla riduzione della violenza potrebbe
      consistere nel fatto che l,Europa, quale parte
      secolarizzata del cosiddetto «Occidente», collabori
      più intensamente su scala mondiale con altri stati
      secolarizzati dei più diversi ambiti culturali e, in
      particolare, con gli stati secolarizzati del mondo
      islamico. In tal modo potrebbe sorgere un «asse della
      secolarizzazione». Questo dialogo è altrettanto
      importante di quello transatlantico, dove naturalmente
      il colloquio e lo scambio devono essere portati avanti
      con quegli statunitensi che hanno interesse per il
      pensiero europeo. L,Europa ha un,esperienza lunga 350
      anni di come la religione può essere inquadrata
      statualmente in maniera vincolante. Per quanto
      riguarda le guerre, oltre a questo dato, l,Europa si è
      caricata di così tanta colpa e sofferenza, che essa è
      divenuta oggi capace di trasformare la sofferenza in
      senno e avvedutezza.
Ma non solo per questo motivo l,Europa ha, in tale
      ambito, una particolare responsabilità; tale
      responsabilità le pertiene anche per ragioni
      economiche. La politica internazionale funziona oggi
      in modo tale che regioni economicamente forti possono
      imporsi meglio di quelle economicamente deboli.
      L,Europa è l,unico continente che è, al contempo,
      economicamente forte e secolarizzato. Nelle maglie di
      questa combinazione l,Europa ha una responsabilità
      immensa; e da alcune settimane questo continente si
      sta assumendo esplicitamente tale responsabilità,
      anche se lo fa ancora a tastoni e tentennando. Eppure,
      solo qualche tempo fa, nessuno avrebbe potuto
      immaginarsi che l,Europa si sarebbe così esposta per
      impedire una guerra.
Prospettive europee
Se si guarda alla storia antica di secoli delle
      differenze transatlantiche, le controversie
      attualmente in corso all,interno dell,Europa non
      scuotono poi più di tanto. Gli stati europei sia
      quelli dell,Europa occidentale sia quelli della
      Mitteleuropa non possono «americanizzarsi», a meno
      che non ritornassero indietro fino alle proprie
      origini, che continuano a dare loro forma, e non
      invertissero in radice l,ordine di rango tra stato e
      religione. Ma questo non è immaginabile. Se oggi gli
      stati mitteleuropei fanno intravedere una certa
      affinità con il minimalismo statale statunitense, è
      perché il dominio comunista ha screditato in maniera
      profonda lo stato. Paragonati, però, alla storia
      secolare dell,Europa, questi rimangono fenomeni di
      superficie che si affievoliranno presto,
      affievolimento che potrà essere accelerato in
      particolare dall,integrazione di molti di questi stati
      nell,Unione Europea.
Accanto all,«asse della secolarizzazione», di cui si
      è fatto cenno sopra e nella cui costruzione l,Europa
      potrebbe intravedere una prospettiva verso cui
      muoversi, dovrebbe essere portato avanti anche il
      dialogo transatlantico. Reciproche accuse e
      attribuzionidi colpe non fanno progredire per nulla
      questo dialogo. Esso è possibile su entrambe le coste
      dell,Atlantico solo tra coloro che sono disponibili,
      nel dialogo stesso, a riconoscere il condizionamento
      storico del proprio partner e cercano di comprenderlo.
      In questo, i partners europei non dovrebbero avere il
      proposito di europeizzare gli Stati Uniti. La storia
      del «Nuovo mondo» non lo permette.
Si può invece cercare di far prendere consapevolezza
      delle differenze della storia delle idee tra Europa e
      Stati Uniti a quegli americani che abbiano un
      interesse a comprenderle. Questo implica nuovamente
      che l,Europa stessa conosca la propria cultura del
      diritto e dello stato cresciuta storicamente, e che
      attesti pubblicamente questa cultura del diritto e
      dello stato. Non da ultimo, da ciò dipenderà anche se
      l,Europa si troverà nella condizione di trarre
      conclusioni propositive dalla guerra in Iraq che siano
      in grado di contribuire a fare dei passi in avanti, e
      di immettere con fecondità queste conclusioni nella
      stagione che verrà dopo la guerra, così che esse
      possano sostenere e favorire in maniera duratura la
      pace in questo mondo. 
Gret Haller*
* Gret Haller è autrice del libro Die Grenzen der
      Solidarität. Europa und USA im Umgang mit Staat,
      Nation und Religion, Aufbau-Verlag, Berlin 2002 (I
      limiti della solidarietà. Europa e USA nell,approccio
      con lo stato, la nazione e la religione; il libro è
      alla terza edizione). Ha conseguito il dottorato in
      legge a Zurigo nel 1973 con un lavoro sulle
      Convenzioni dell,ONU sui diritti dell,uomo. Dopo
      essere stata consulente presso il Dipartimento
      federale svizzero di giustizia e polizia per quanto
      concerne la Convenzione europea dei diritti dell,uomo,
      è stata dal 1985 al 1988 membro del governo della
      città di Berna (responsabile per il settore
      dell,istruzione); dal 1987 al 1994 è stata membro del
      Parlamento federale svizzero, dell,Assemblea
      parlamentare del Consiglio d,Europa e
      dell,Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
      in Europa (OSCE). Dopo la presidenza del Parlamento
      svizzero (1993-1994), è stata ambasciatrice svizzera
      presso il Consiglio d,Europa a Strasburgo. Nel 1996 è
      stata scelta dall,OSCE quale incaricata per i diritti
      dell,uomo per la Bosnia-Erzegovina; ha ricoperto
      questa mansione a Sarajevo fino al 2000. Da quella
      data lavora come pubblicista.